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    Il massimo rappresentante del barocco musicale nacque
    in un paese della Turingia come discendente di una famiglia dedita alla
    musica da almeno quattro generazioni.  
    Rimasto orfano di padre e di madre a dieci anni,
    frequentò il liceo di Ohrdruf, ospite del fratello Johann Christoph che gli
    insegnò i rudimenti della musica, ma Johann Sebastian deve essere
    considerato essenzialmente un autodidatta 
    Egli studiò le opere dei maestri stranieri - in
    particolare italiani -, venne in contatto con una vita musicale rigogliosa
    che gli fece conoscere esecutori tedeschi e stranieri e lo indusse a soventi
    viaggi ad Amburgo dove era in piena fioritura la scuola tedesca del
    profondo nord.  
      
    Nel
    1703 entra alla corte di Weimar in qualità di violinista; pochi mesi dopo
    lo troviamo ad Arnstadt come organista a San Bonifacio. 
     
    Ricopre la stessa carica a Mulhausen nella chiesa di San Biagio, e a
    Dombeim sposa la cugina Maria Barbara, ma nel 1708 ritorna a Weimar in
    qualità di organista di corte.  
    Qui diviene nel 1714 primo violino nell’orchestra,
    ritorna allo studio degli italiani (Vivaldi e Frescobaldi
    in particolare), ma non riesce ad ottenere nel 1716 il posto di maestro di
    cappella. 
    Un anno dopo entra con tale carica alla corte di
    Cothen, dove rimane sino al 1723 (passando dopo la morte di Maria Barbara a
    seconde nozze con Anna Magdalena nel 1721), e dove ha modo di dedicarsi in
    particolare alla musica profana (nascono qui i Sei Concerti
    brandeburghesi). 
    Nel 1723 si qualifica infine in qualità di Cantor e
    direttore di musica a San Tommaso di Lipsia.  
    Qui rimarrà per il resto dei suoi giorni, non senza
    spostarsi occasionalmente per inaugurare nuovi Organi, per far visita ai
    figli, per tenere concerti, e nel 1747 per suonare a Potsdam alla presenza
    di Federico il Grande. 
    A Lipsia gli impegni pratici (la scuola, la direzione
    del coro e dell’orchestra, l’educazione degli allievi) lo assorbono
    moltissimo, gli attriti col l’autorità locale non gli rendono la vita
    facile, e anche l’ambiente familiare non è certamente dei migliori. 
    Eppure Bach trova il modo di scrivere una nuova
    cantata per ogni settimana e di concepire alcune delle sue più colossali
    creazioni nel campo della musica sacra (la Grande Messa in si minore e
    altre quattro messe minori, le Passioni, l’oratorio di Natale, oltre a una
    serie di composizioni minori).  
     
    Nel 1749 si fa operare agli occhi da un celebre oculista inglese, ma perde
    interamente la vista e le sue condizioni generali si aggravano, tanto che
    un anno dopo muore di apoplessia, mentre sta per portare a termine la
    colossale Arte della fuga. 
    Di lui resta per tutto il sec. XVIII un ricordo
    imponente più come organista che come compositore (la sua vedova finirà in
    miseria nella fossa comune).  
    Solo nel 1802 lo storico Johann N. Forkel ne rivaluta
    in un saggio l’importanza di compositore, e nel 1829 Mendelssohn
    presenta a Berlino la Passione secondo S. Matteo: incomincia qui la vera,
    eterna fama di Bach, che resta incorrotta e altissima a oltre due secoli
    dalla sua morte. 
    Il suo nome verrà
    onorato da molti dei suoi figli diventati musicisti, come Carl Philipp Emanuel, Friedrich
    Christian, Johann Christof, Wilhelm Firedemann. 
      
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